L’invito era di quelli che non si potevano rifiutare: un post arrivato su Facebook da Marco Gios, il figlio di Aldo the genius, l’uomo che faceva la bici ai fratelli Roger ed Eric De Vlaeminck e alla Brooklyn, le fuoriserie blu oltremare in acciaio degli anni Settanta: “Facciamo una pedalata eroica a partire dal nostro negozio di Volpiano per ricordare i 100 anni dalla nascita di Tolmino Gios, ti va di venire?”. Tolmino, il capostipite, il forte gregario di Ginaccio Bartali che una volta smessi i panni del ciclista aprì il primo negozio di Gios a Torino, anno 1948, da dove è nata la storia di questa azienda familiare che realizza i telai in acciaio tra i più belli di sempre. E io: “Beh sì, certo, mi piacerebbe”… Tra l’altro, pensavo tra me e me, quella domenica lì sono libero perché sono a pochi giorni dalla mia sfida del Challenge Venice . Quindi sono “di scarico”, devo fare pochi chilometri, in agilità. In effetti si potrebbe davvero fare… “Ma caro Marco non ho, purtroppo, una Gios. E lui il giovane erede della dinastia Gios, di rimando: “Mandami le misure che te ne diamo una noi se vieni”.
Dopo qualche giorno mi arriva un nuovo post via Facebook da Marco: “Abbiamo pensato di prestarti una bici storica che conserviamo nel nostro negozio-museo, la bici con cui pedalava Didi Thurau: ha praticamente le tue misure”. Beh, così no. Se la metti così… E’ un onore per me pedalare su quel cimelio. Non posso non esserci.
Dietrich Thurau era quel tedescone ammazza femmine che tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta vinse una Liegi Bastogne Liegi e una serie di tappe al Tour de France. Noi italiani lo ricordiamo però soprattutto perché è l’uomo che arrivò secondo al mondiale di San Cristobal vinto dal nostro Francesco Cecco Moser. E’ quello che si vede nella foto con Cecco che ha le braccia alzate di gioia. Aveva i riccioli biondi Thurau, un passista che andava come una locomotiva e che aveva alcuni vezzi che lo resero celebre negli anni Settanta, epoca di ciclismo proletario, fatto di fango, freni, tivvù in bianco e nero, maglie di lana e fatica. Didi, narrano le leggende dei ben informati, una volta in inverno si fece fotografare mentre si allenava, pensate un po’, con un giacchino di pelliccia, altro che Goretex e materiali hi-tech di ora. Strano no? Somigliava un po’ a James Hunt, l’alter ego di Niki Lauda. Il mio amico giornalista Pieraugusto Stagi, cronista e memoria storica del pedale come pochi, di lui dice: “Aveva un’eleganza esemplare. Era uno dei più belli in assoluto da vedere sulla bici”. Un passista che corse anche in Italia per la Del Tongo e i Supermercati Brianzoli e che corse, per un po’, anche con la maglia gialla della Gios.
Marco Gios, tanto per non farmi mancare niente, stamattina per il raduno “1916-2016 Cento anni di G100S Tolmino” mi ha fatto trovare proprio la maglia in lana di Didi Thurau. Oltre alla sua splendida Gios Super Record. Sono l’unico in giallo in mezzo a un centinaio di fan del marchio Blu oltremare arrivati da tutta Europa. Quasi tutti vestiti però con la maglia blu con le strisce bianche e rosse della Brooklyn. C’è n’è uno arrivato dalla Corea del Sud, un altro dall’Olanda che due giorni fa era salito sul Col de l’Agnello per fare il tifo all’olandese volante Krui prima che cadesse in discesa. Ci sono Roel Tubée e suo figlio Michel, altri due olandesi che vivono in Svizzera innamorati del pedale e delle Gios, Paul che viene da Leicester (“prima – racconta divertito – quando mi chiedevano da dove venivo nessuno conosceva la mia città ora tutti mi fermano: ah, la città di Ranieri”) e tanti altri ancora campioni (c’era Italo Zilioli) appassionati di queste bici che hanno fatto la storia del ciclismo.
Il tempo non è dei migliori. Più che nella campagna torinese sembra di pedalare nelle Fiandre. Il giro di oggi di una 50ina di chilometri si spinge da Volpiano, con partenza libera davanti all’officina showroom di Gios, fino alle campagne del Canavese, attraversando ampi campi verdi, boschi, colli e i borghi di Caluso, Mazzè, Candia Canavese, San Giusto Canavese, Foglizzo, San Benigno Canavese per poi rientrare alla base. Noi tutti, così, guardati da fuori sembriamo una gara ciclistica amatoriale di 40 anni fa. Le bici di un tempo, i caschetti di cuoio, le maglie di panno. La “gara” è preceduta da un favoloso Maggiolino Volkswagen color arancio che sul tetto ha delle bandierine e un cartello in metallo, originale dell’epoca, con la scritta: “Inizio gara ciclistica”. Alla guida del Maggiolino ci precede Marco Gios, che mostra una forma invidiabile e la maglia blu, forse la stessa che usavano i meccanici ai tempi dell’avventura professionistica con la Brooklyn. C’è un atmosfera da festa di paese e allegria. Tra i ciclisti c’è anche quel fenomeno con i baffi all’insù e i pantaloni alla zuava che si incontra sempre all’Eroica, ex dilettante, ormai ottantenne o giù di lì, che pedala ancora bene e che è diventato uno dei volti iconici della gara in bici d’epoca Toscana da cui è nato tutto, la riscoperta per il made in Italy d’antan che tanto piace agli stranieri (e che a noi sembra normale perché lo abbiamo vissuto) ma che per loro, abituati alle metropoli e alla modernità delle capitali europee, sembra davvero un sogno. Risvegliarsi in un sogno di 40 anni prima.
A metà gara c’è il rifornimento come le gare vere. Solo che il rifornimento di questa pedalata storica offre focacce, pizzette e la tarte flambée alsaziana (una pizza deliziosa con panna, pancetta e cipolla) accompagnata da vino rosso alle 10 di mattina (coca cola e acqua ci sono ma solo per chi davvero le vuole). Alla ripartenza comincia a piovere. Il nostro giro delle Fiandre nel canavese diventa davvero epico sotto l’acqua. Un po’ alticci e con la pancia piena rientriamo a Volpiano a tutta velocità. Intravedo ogni tanto il Gps al polso che misura la velocità: 32, 35, 38, 40 km all’ora. Però questa bici di Thurau come andava e come va, ancora. Si pedala che è un piacere.
Ha ragione Aldo Gios quando parla di geometrie e di misure del telaio. Non pedalo così morbido neanche con una specialissima in carbonio di ultima generazione. E’ vero che le cose buone, come il vino buono, non passano mai di moda. E’ stata proprio una bella mattinata quella per i 100 anni di Gios di amore per la bicicletta e di bella gente, di energia positiva.