Lukas ci saluta con un sorriso schietto, da montanaro. Sguardo fiero, due mani grandi come badili su un fisico da quercia. Più abituato al tedesco e al ladino, sembra faccia fatica a scandire le parole in italiano, quando spiega a questi due giornalisti arrivati dalla pianura come muoversi sugli sci da fondo. Gli hanno chiesto di accompagnarci. Un’ora di lezione per provare gli sci prima dell’evento di stasera: la Moonlight Classic all’Alpe di Siusi, gara di sci da fondo in notturna che per gli amanti del classico è come l’Eroica per i ciclisti che amano le bici in acciaio di un tempo. Un appuntamento imperdibile.
Da preparare con cura. Mica come facciamo noi, io e il mio collega Antonio Ruzzo, che abbiamo deciso all’ultimo di provare questo giro sugli sci. Io non ho mai messo prima degli sci da fondo ai piedi. Mi piace fare fatica con gli skialp, con le pelli per le salite ardite. Ma i binari sulla neve e questi strani attrezzi leggeri e i piedi che svirgolano in discesa non sono abituato a domarli. Ancora più a digiuno di me è l’amico Ruzzo. Il maestro Lukas Kostner adesso accompagna i turisti sull’altopiano. Da giovane per diversi anni ha fatto agonismo nello sci da fondo. La sua stazza inganna. E infatti ai primi passi cerca di sciorinarci il suo sapere prezioso. “Muovi le caviglie, allunga, fai così: guarda le mani. Vai agile e sciolto”. Noi proviamo, un po’ impacciati, a stargli dietro.
I risultati sono fantozziani: alla prima discesa non appena gli sci cominciano a correre un po’ Antonio si scapicolla. Ritorna nel mondo dopo qualche minuto. Dolorante. “Ho battuto il petto, credo di avere una costola andata”. Ma come? Dopo pochi minuti finisce già la nostra avventura alpina? Lukas lo consola mentre continuiamo a provare i passi e la tecnica. A un certo punto anche io sento una fitta mentre spingo in avanti le gambe. L’inguine. Forse è stirato. A ogni passo lo sento. Eh sì che pensavo di essere allenato. In fondo, in modo caotico e un po’ casuale certo, ma da qualche mese mi sto preparando per la sfida del 5 giugno al Challenge Venice, un triathlon full distance (3,8k nuoto, 180 k bike e 42 k run) che per la prima volta si svolgerà in laguna. Eppure, eppure… l’inguine mi ricorda a ogni passo la fragilità della mia condizione e della condizione umana. Lukas si ritrae ma ride un po’ sotto i baffi che non ha: “E meno male che dovevo insegnarvi ad andare. In pochi minuti vi ho ‘rotti’ a tutti e due. Adesso chissà che cosa mi diranno”. Sia io che Antonio cerchiamo di minimizzare. “Non preoccuparti, stasera ci saremo. Magari in fondo al gruppo, ma arriveremo, stai tranquillo”.
La Moonlight Classic di solito ha due itinerari da 15 e 30 chilometri. Quest’anno, a causa della scarsa neve si svolgerà, solo il giro da 15, il nostro. Tutto è pronto per la partenza. Siamo quasi in trecento. Ci sono i campanacci. I fuochi dei tronchi accesi. La luce della luna. Il freddo. La neve. La gente che incita i partenti con le lucine sul cappello sembriamo tante lucciole. Noi ci siamo. Un po’ammaccati. Ma ci siamo.
L’altopiano dell’Alpe di Siusi è il più grande carosello di sci di fondo d’Europa in quota, con 80 km di piste battute e tracciate per lo stile classico e gli amanti dello skating. Un posto incantevole di giorno. Immaginate com’è di notte, con la luna piena che illumina con i suoi riflessi il Sasso lungo, il Sasso Piatto, con sullo Sfondo il gruppo del Sella e lo Sciliar sulla destra. L’aggettivo giusto per descrivere il panorama è: incantevole o indimenticabile, fate voi. L’anello parte da Compaccio (1840 metri), da dietro la chiesa e poi sale, passando per il Ritsch su su fino al Col del Lupo, sotto al Sasso Piatto, a quasi duemila metri di quota (1910 per la precisione). Tutto il percorso è illuminato dalle lanterne che si susseguono accanto ai binari per lo stile classico. Noi partiamo con calma, in fondo al gruppo. Pensavamo di fare un giro panoramico con gli sci. E invece in queste condizioni la nostra gara diventa epica. Una piccola grande impresa. Io a ogni passo, quando porto in avanti la gamba sinistra, sento una fitta all’altezza dell’inguine. Cerco di procedere per quanto posso con i piedi paralleli spingendomi con le braccia e le racchette, ma non posso andare avanti 15 km così. Così avanzo piano, a ogni passo superando questa fitta di dolore che mi insegue. Ancora peggio di me mi sembra stia il mio socio. Lo affianco, lo aspetto, cerco di incoraggiarlo. Lui mi dice che non riesce neanche a respirare per il dolore alle costole. Che saranno incrinate, di certo. Conosco quel dolore: mi è capitato una volta scendendo con gli sci d’alpinismo dal Monte Rosa, versante Alagna di prendere una botta sul ghiaccio. La costola incrinata non passa, non si può ingessare. Inutile fare le radiografie. Bisogna solo aspettare che passi. Ma ci vogliono settimane per riuscire a dormire senza aver male. Figurarsi a muoversi sugli sci da fondo. Antonio soffre in silenzio, ma non molla. Continua ad andare avanti imperterrito. Il tempo diventa una variabile poco importante questa sera. Siamo partiti ultimi e siamo sempre più indietro ma continuiamo ad avanzare. Vogliamo arrivare. E non sarà facile in queste condizioni. A un certo punto ci raggiunge la motoslitta che fa il servizio scopa. Si avvicinano con le luci dietro di noi e poi si fermano. Spengono il motore. Attendono che procediamo qualche centinaio di metri. E poi si rifanno sotto. Io mi fermo ogni tanto ad aspettare Antonio.Il positivo è che non dovendo pensare al cronometro, ho tempo per guardarmi attorno, per allargare lo sguardo al cielo e ai monti rischiarati dalla neve e illuminati a giorno dalla luna piena. Dio esiste. Uno scenario unico. Veramente bello. Poco prima della metà e della salita del Col del Lupo si palesa il nostro amico Lukas. Ci viene incontro con gli sci ai piedi. Questa sera tocca a lui la parte dell’angelo custode. Ci incita, ci segue, avanza e ci aspetta. Aiuta Antonio e prima di ogni discesa gli consiglia come fare per non cadere. Dopo un’ora e poco più riusciamo a completare la salita del Col del Lupo.Ora è una lunga discesa fino all’arrivo. Io e Lukas andiamo e ogni tanto ci fermiamo ad aspettare Antonio. Con lui prosegue un altro volontario, Mario, che presidiava il passaggio al Colle e dopo il passaggio delle maglie nere deve rientrare a Compaccio. Siamo arrivati in fondo dopo due ore e qualche minuto a braccia alzate, insieme. Tra gli applausi, la medaglia dei finisher (che stasera ha un valore speciale) e un premio che da queste parti danno quando si arriva ultimi: una collana di wurstel. La nostra piccola grande impresa da archiviare alla Moonlight Classic dell’Alpe di Siusi e da riportare a casa.