Una granfondo nelle Alpi. Le Alpi dove si sente l’odore del mare e nei giorni tersi si vede pure dalle cime. Le Alpi dei ribelli, gli irregolari, dei valdesi, degli anarchici e dei no tav. Meno pettinate delle Dolomiti. Selvagge, verdissime. Dove la natura è rimasta intatta, non intaccata dal cemento. La Fausto Coppi a Cuneo, nella Provincia Granda, è tra le più antiche Gran fondo di ciclismo. Arrivata quest’anno alla 36esima edizione. Non è solo una manifestazione ciclistica. E’ molto di più. E’ una scommessa verticale, con le salite. Una resa dei conti con la fatica. Ma anche un’immersione interiore e solitaria in panorami meravigliosi.
Le Alpi sono l’area verde più grande dell’Europa, un arco che tocca otto nazioni.
La Fausto Coppi si svolge in questo scenario unico dove il panorama non è stato rovinato dall’uomo. Uno scenario dove sono state scritte pagine leggendarie che hanno fatto la storia del ciclismo. A partire appunto dal Campionissimo, “l’uomo solo al comando”, Fausto Coppi che proprio qui, nelle Alpi Cozie, le montagne che abbracciano la città di Cuneo, compì alcune delle sue prime imprese vittoriose. La Gran fondo che porta il suo nome è delle più dure d’Italia in termini di pendenze e lunghezza delle sue salite. Arrivare fino in fondo è una vera impresa. Considerando – come è stato quest’anno – il sole e il caldo torrido che toglie il fiato e fa sentire male alle gambe.
Quest’anno tra i 2500 iscritti, tutti con le maglie dello stesso colore, che era giallo senape per l’edizione 2025, c’ero anche io. Un fiume di biciclette, di pedali, ruote, ingranaggi che si muovono e corpi, appunto, color senape. Riguardando i video del passaggio del gruppo di ciclisti sul ponte che porta fuori dalla città di Cuneo l’impressione è che questa marea umana di ciclisti in gruppo, tutta in fila, sembra non finire mai. 2500 ciclisti. Di più non è possibile accettarne, per motivi di sicurezza perché le strade sui valichi, più simili a mulattiere, spesso con asfalto pesante e ruvido di montagna, non lo consentono.
È un evento internazionale la Fausto Coppi. Quest’anno sono arrivati a Cuneo per pedalare e far fatica ciclisti stranieri provenienti da 42 nazioni. Dalla Macedonia – ne ho incrociato uno che vagava come un pugile suonato sulle prime salite della Valle Varaita – fino allo sperduto Arcipelago di Palau, da non confondersi con la omonima località della Sardegna: l’Arcipelago di Palau è un insieme di 300 isole, quasi tutte disabitate, in Micronesia, sperdute nell’Oceano Pacifico. Tra le altre presenze extra-continentali gli organizzatori segnalavano anche oltre 15 atleti dal Cile, 10 dall’Australia, 9 dalla Colombia e dal Guatemala. Lo spettro anagrafico dei partecipanti è stato molto ampio anche quest’anno, con il 18enne Mattia Graglia (Vigor Redmount – Freedom) e l’82enne Pierre Didon divisi da un arco temporale di ben 64 anni.
Alla partenza nella centrale Piazza Galimberti, tutta riempita dal serpentone delle maglie color senape dei 2500 corridori, c’erano anche quattro professionisti del pedale, che approfittavano dell’evento per allenarsi, ma fuori classifica. A partire da Pietro Mattio, del Team Visma, corridore della zona, che passerà nei professionisti tra qualche mese con una delle squadre più forti al mondo, figlio di quel Silvio Mattio da Piasco, fondatore di Cicli Mattio, che i ciclisti sanno essere uno dei posti migliori online dove trovare tutto per le due ruote con un super servizio sul posto (a proposito Silvio, grazie per la bici Bianchi che mi hai messo a disposizione, settata alla perfezione per poter pedalare in questa Gran fondo). Gli altri pro alla partenza erano Francesco Terranova (Madone-Team Bike Sicilia), Guido Dracone (Magicuneo) e la ciclista olandese Nicolien Luijsterburg (UPV Women’s Cycling). Questi erano i fenomeni.
Gli umani erano tutti gli altri. Soprattutto quelli in fondo al gruppo, che ancora hanno voglia di mettersi un numero dietro la schiena, con gli anni che passano per fare fatica sui pedali. Che è il bello di questo sport. Una strana alchimia da spiegare a chi non l’ha mai provata: si sta bene quando si conquista una salita, si sta bene al termine di una cosa da pazzi come terminare una Gran fondo tostissima come questa, piena di salite. Si sta bene a far fatica, endorfine a mille e i pezzi dell’anima che si rimettono a posto.
Quest’anno la Fausto Coppi ha cambiato il percorso lungo, come se non bastassero i chilometri, aggiungendo salite, ma anche spettacolo, paesaggi incantevoli, silenzio e solitudine sui pedali.
I ciclisti che hanno scelto il percorso lungo sono tornati a salire al Colle di Sampeyre – 1.250 metri di dislivello, 16 chilometri che non mollano mai, con una pendenza massima dicono gli organizzatori del 13%, anche se il mio Garmin in alcuni tratti parlava del 15%.
Il Colle Sampeyre, inserito nel tracciato della maratona fino al 2013, era stato poi eliminato per diverse ragioni, la strada troppo stretta, l’asfalto danneggiato in alcuni tratti. Insomma, un posto da lupi dove è difficile far passare tanti ciclisti. Ma ci ha pensato l’ascesa e il caldo a sfilare il gruppo.
Il Sampeyre arriva a quota 2.284 metri. Arroccato tra le valli Maira e Varaita è una delle salite più dure, ma anche affascinanti e panoramiche delle Alpi Cozie. Una vera sfida per i ciclisti che in pochi chilometri, sotto al sole nei lunghi tratti finali – un rettilineo in salita che taglia la montagna in due e sembra interminabile – si trovano ad affrontare un dislivello notevole in pochi chilometri. La salita è regolare ma non molla mai, non lascia respiro: non è un caso, come scrivono le guide, che sia considerata una delle più impegnative dell’intero arco alpino occidentale.
Il Giro d’Italia è passato qui in due occasioni: nel 1995 in un tappone dove nello stesso giorno i corridori sarebbero dovuti salire anche sul Colle dell’Agnello e sull’Izoard, in un giro vinto da Rominger. La tappa fu interrotta prima, a Pontechianale, per le slavine di neve sull’Agnello: vinse Pascal Richard.
Ancora nel Giro d’Italia 2003 quando sotto neve e grandine caddero sia Pantani che Garzelli, con Frigo che vinse su Simoni, che alla fine si portò a casa quel Giro. E il pirata che ferito nella caduta, pieno di dolori e escoriazioni, arrivò fino in fondo 16 minuti dopo. Con l’inserimento del Colle Sampeyre, il percorso lungo de La Fausto Coppi, quest’anno prevedeva un tracciato di 172 km totali e un dislivello di 4.330 metri.
Il Sampeyre collega la Val Varaita alla Valle Maria. Come si diceva la salita è lunga 16 km, a partire dall’omonimo paesino della Val Variata dove già arrivarci non è esattamente una passeggiata. Dai 2.284 metri della cima inizia una lunghissima discesa. È d’obbligo qui bisogna tenere i freni e fare attenzione alle curve e alle insidie dell’asfalto di montagna. Sono 17,7 km di lunga planata che porta a Stroppo, fino al bivio con la strada provinciale della Valle Maira.
Da lì ricomincia il lungo rosario della salita, con la scalata del Colle d’Esischie: sono 21 km tutti all’insù fino ad arrivare ai 2.370 metri della Cima Coppi. Da qui – l’ultimo sforzo – ci si collega agli ultimi tratti del Colle Fauniera: gli ultimi 1,5 km per arrivare alla cima dei 2.481 metri. Per poi rientrare a Cuneo.
Il Colle Fauniera è una meta ciclistica selvaggia, traguardo ambito per tutti i ciclisti da quando sono state le asfaltate le strade, all’inizio degli anni Novanta. Qui nel Giro d’Italia del 1999 fece un’impresa salendo dal versante della Valle Grana: una scultura inmarmo sul colle ne ricorda l’ascesa. Ma la tappa la vinse Savoldelli che si gettò in discesa nel versante della Valle Stura a tutta velocità. Qui vicino, sul Colle D’Agnello, Nibali trionfò nella penultima tappa nel Giro 2016. La stessa cosa che è accaduta quest’anno a Simon Yates che ha vinto il Giro quest’anno sul Colle delle Finestre. Quest’anno ad agosto anche la Vuelta farà tappa qui sulle montagne del cuneese, con un arrivo di tappa a Limone Piemonte, partendo dalle Langhe, da Alba e le sue colline.
Ma La Fausto Coppi offriva anche due altri percorsi: la Mediofondo (111 km e 2.550 metri di dislivello) e il Fauniera Classic (101 km e 2.180 metri di dislivello), che sono ormai itinerari consolidati e sempre più rappresentano la passione per uno sport amatoriale, che punta molto sul piacere di una giornata in bici in compagnia per godere del palcoscenico delle strade in quota.
La scelta d’inserire nuovamente il Colle di Sampeyre nel tracciato della granfondo è stata valutata, concordata e sostenuta dal presidente della Provincia di Cuneo Luca Robaldo e dai sindaci del territorio, consapevoli che il passaggio di un evento con partecipanti da oltre trenta nazioni significhi una importante opportunità di far conoscere le montagne e le vallate del cuneese. Di fatto, ad ogni chilometro i ciclisti hanno potuto scoprire angoli davvero unici. Particolari ricchi di natura, storia e tradizione occitana.
La decisione di riproporre il percorso de La Fausto Coppi con la salita al colle di Sampeyre è stato anche il risultato di una collaborazione con le amministrazioni locali e in particolare con i Comuni di Sampeyre, Elva, Stroppo, Marmora, insieme alle Unioni montane (Valle Varaita e valle Maira) unitamente al Settore Viabilità del reparto di Cuneo.
“Da tempo tanti ciclisti italiani e stranieri ci chiedevano la riproposizione del Colle di Sampeyre all’interno del tracciato – spiegano Davide Lauro e Emma Mana, presidente e vicepresidente dell’associazione Fausto Coppi on the road – Anche alcuni tour operator specializzati nell’outdoor ciclistico hanno più volte sottolineato le grandi opportunità che il territorio montano del Cuneese può offrire. Per questo ci siamo messi d’impegno e grazie al grande lavoro di squadra con gli amministratori è stato possibile arrivare ad annunciare questa novità”. “Non appena ci è stata presentata l’idea del ritorno de La Fausto Coppi sul colle di Sampeyre la Provincia si è immediatamente attivata coinvolgendo i Comuni delle vallate ed i colleghi amministratori oltre ai nostri tecnici – dice il presidente della Provincia Luca Robaldo – Questo evento è una grande occasione per promuovere le montagne cuneesi nel mondo”.
E’ così è stato. E’ stata una giornata bellissima di sport, con tanta fatica. Spaccati dal sole e dal caldo. Tutti: i ciclisti, gli organizzatori e i tanti volontari che hanno reso possibile il successo di questa manifestazione. Siamo ritornati a casa con un pieno di emozioni da conservare nel cassetto dei ricordi belli. Con la promessa a se stessi, prima o poi, di tornarci per passare più tempo nella Provincia Granda e nelle sue Alpi Ribelli, dove arriva l’odore del mare.