I miei amici Flavio Saltarelli e Stefano Forcella saranno in pista al prossimo Sellaronda Sky Marathon, 42 km per 2700 metri di dislivello positivo da fare a tutta velocità, per sensibilizzare sulla proposta di legge per consentire lo sci d’alpinismo sulle piste. Nel 2003 il Legislatore con la L. 363 – volendo regolamentare la materia – ha vietato intere aree sciabili agli skialper che vi transitavano dalla notte dei tempi. Una proposta di legge della Fisi giace da tempo in attesa di esame. L’idea è quella di creare percorsi monitorati per lo scialpinismo nelle maggiori località sciistiche. Negli inverni avari di neve, come quello appena terminato, è una necessità sentita. Alla proposta di legge ha collaborato il mio amico Flavio che fa l’avvocato ed è uno dei più competenti in materia di neve, sci e sciatori… Ecco il suo racconto. Buona lettura. (Ri.Ba.)
Circa quindici giorni al via. L’ultimo “lungo” è stato fatto. Leggo la lista degli iscritti: su 1200 solo 19 sono più vecchi di me…sento già le farfalle nello stomaco…la neve che sulle Orobie bergamasche e lombarde non si è quasi fatta vedere e mi ha costretto a lunghe trasferte per cercare di mettere fieno in cascina…il lavoro che impazza…il motore non ruggisce, borbotta scarburato….tutto sembra remare contro. E poi forse m’illudo di essere quello che non sono più. Prima o poi capita a tutti di doversi rassegnare al sipario che scende.
L’idea di ripresentarsi al nastro di partenza alla Sellaronda Skimarathon è stata probabilmente figlia della incipiente demenza senile, ma tant’è. Da anni porto avanti una battaglia – anche collaborando con la Fisi con cui abbiamo presentato un progetto legge in tal senso (arenatosi a Roma ed in attesa di essere rilanciato) e con l’autore di questo blog – volto a consentire agli scialpinisti d’avere un futuro anche nei comprensori sciistici; di avere almeno delle “riserve” dedicate alla risalita con le pelli, delle riserve come quelle degli indiani americani in cui rifugiarsi in inverni senza neve come questo o quando di neve ce ne è troppa ed uscire dalle aree battute è poco salutare.
Forse l’inconscia speranza era quella di non riuscire ad iscriversi nei 22 minuti che sono stati sufficienti via internet a colmare la lista dei partenti provenienti da ogni parte del mondo, ma così non è stato. Stefano è stato veloce con la tastiera del pc: abbiamo il pettorale. Devo fare di necessità virtù, anche perché ho coinvolto nell’avventura, essendo una gara a coppie, l’amico skialper bergamasco Stefano Forcella, sperando che sia così forte da sopportarmi e da supportarmi. Mi hanno dato fiducia ancora una volta non solo questo prezioso blog del caro amico e compagno di tante avventure (anche con le pelli di foca) Riccardo Barlaam, ma pure i Bogn Da Nia, il forte club di scialpinisti della Val di Fassa orchestrato dal presidentissimo Ennio Dantone; un club che – proprio perché ricco di campioni e di allori, anche mondiali, in bacheca – può permettersi di sopportare anche un tapascione come me.
La preparazione e’ davvero stata una corsa ad ostacoli: diventa difficile ritagliarsi tempo correndo tra un contratto e l’altro, avendo famiglia e vivendo a 65 metri sul livello del mare, a Piacenza, dove la neve la puoi vedere solo con le webcam su internet. Così lo spinner e gli skiroll sono il surrogato; sono dove faticare sognando il Passo Gardena, il Pordoi, il Passo Sella ecc. Ma l’asticella è alta, il Sellaronda non è una gara qualunque, è la gara più importante del mondo di scialpinismo su pista; è la gara delle formula uno dello skialp: velocissima in salita (dove non vi sono mai forti pendenze, ma spesso lunghe ascese dove bisogna saper spingere e fare ritmo) ed in discesa (dove bisogna disattivare il buon senso toccando velocità che nella notte, alla luce della frontale, sembrano al di là del bene e del male). Sarebbe stata molto di più adatta alle mie caratteristiche la Mountain Attack di Saalbach, ripida, cattiva, più tecnica della Sellaronda Skimarathon, ma anche molto più corta, sebbene con lo stesso dislivello. Mi è sembrato però giusto restare in Italia e partecipare alla gara organizzata dal mio amico Oswald Santin per quella che molto probabilmente sarà la mia ultima avventura agonistica, soprattutto in considerazione del tentativo di contribuire a rifocalizzare l’attenzione sul progetto di riforma di una Legge, la 363 del 2003, fatta – come purtroppo spesso avviene – da chi non si è mai sporcato le mani di ciò di cui sta legiferando. Di neve, dunque. Una Legge unica nel suo vietare in tutte le normative dei Paesi dell’Arco alpino. Una legge, infine, che – in considerazione delle numerose morti su pista avvenute negli ultimi mesi – si chiede da più parti politiche di cambiare. E se si modifica, conviene farlo bene, cogliendo l’occasione e risolvendo una volta per tutte anche l’annoso problema dello “scialpistismo”, dello scialpinismo a bordo pista, cioè.
Così il 22 marzo, all’imbrunire, sarò ancora una volta – dopo quattro anni dall’altra mia partecipazione – tra gli ultimi a partire da Selva di val Gardena. Con me e Stefano ci saranno altri 1200 concorrenti (tra cui l’elite del mondo dello skialp). Ci aspetterà un intenso viaggio di 42 km e 2700 metri di dislivello positivo da affrontare dentro e fuori noi stessi, sperando che i cancelli orari ed il meteo siano magnanimi; disattivando sì il “faticometro”; ma disattivando soprattutto quella logica che pretende sempre il passo lungo come la gamba. Stay tuned.