Il Sellaronda Bikeday – ne ho già scritto su Tutte le salite del mondo – per chi ama la bicicletta è un appuntamento imperdibile, da segnare in agenda. E da fare prima o poi, nella vita. Il giro dei quattro passi dolomitici – lo stesso che d’inverno si fa sugli sci – sulla strada asfaltata che gira attorno al maestoso gruppo del Sella. Per me uno dei posti più belli del mondo. E che quel giorno, una o due volte all’anno, è chiuso per un po’ al traffico degli automobilisti e dei motociclisti della domenica che salgono sulle Alpi e sembra di stare in mezzo al traffico a Milano. Il Sellaronda Bikeday è un fiume di ciclisti in libertà. Non c’è gara. Non c’è pressione. Si parte quando si vuole e si arriva quando si può. Con le soste per ammirare il paesaggio dovuto alla bellezza del posto. Cosa che non succede di solito nelle Granfondo e neanche alla Maratona perché tutti sono impegnati con la prestazione. Solo il piacere del pedale. E la contemplazione del paesaggio. Nel Sellaronda si superano i passi del Pordoi (2239), Campolongo (1875), Gardena (2121) e Sella (2240). Per percorrere l’anello completo bisogna pedalare per circa 55 chilometri, scollinare sopra i duemetri per tre volte. E superare un dislivello positivo di circa 1800 metri. Insomma, non è una vera e propria passeggiata. Ma è piacevole farla per gli occhi e per il cuore. Io c’ero già stato tre volte al Sellaronda bikeday, due volte con la bici da corsa, una volta con una bici da crono (che fatica). E quest’anno ho deciso di tornarci, per seguire i miei amici fufù runners. Ma cercavo una sfida, uno stimolo per mettermi in gioco. E così ho accettato l’invito di un gruppo di biker Bromptoniani, appassionati della bici pieghevole made in Britain. Due ruote perfetta per il commuter urbano. Meno per pedalare verso l’alto. Così da mesi avevo segnato un cerchio rosso attorno alla data fatidica del 25 giugno. La scorsa domenica. Per prendere parte, di nuovo, al mitico Sellaronda. Di solito è una festa della bicicletta, con migliaia di persone che pedalano. Quest’anno le previsioni del tempo non promettevano niente di buono. Sui siti meteo c’erano i simboli di acqua, acquazzone, pioggia, nuvole e nuvolone. E che è? Tanti, nell’epoca di internet, si sono spaventati e non si sono fatti trovare alla partenza. Così è stato per i miei amici fufù che, con hotel prenotato e programma fatto, all’ultimo minuto hanno deciso di dare forfait. Sono rimasto da solo. Ma avevo preso un impegno con il mio amico Ronald, e gli altri ciclisti in Brompton per farli i 4 passi. Quest’anno ce n’è sempre una. Il giorno prima stai male non dormi bene e l’Israman, il mezzo ironman israeliano, salta. E poi tanto per cambiare una settimana fa mi sono fatto male cadendo, pensate un po’, da un marciapiede. Le cose più stupide, quando si affrontano salite alpine e discese ardite, succedono nel quotidiano. Quando meno te l’aspetti. Così è stato per me qualche settimana fa passeggiando su un marciapiede davanti alla Statale di Milano. Risultato: caviglia gonfia COSI’ e difficoltà perfino a poggiare il piede per terra. No, mi sono detto il Sellaronda non lo posso, non lo voglio saltare. E così tutta la settimana a via di ghiaccio e pomate. Ho interrotto gli allenamenti per l’Ironman di Cervia. Però volevo riuscire a farlo questo Sellaronda. Per tutti questi motivi lo sentivo ancora di più una sfida, una sfida con le salite, e una sfida con la mia personale sfida da paolino paperino degli ultimi tempi. Sabato i miei anici mi hanno bidonato, io all’indomani mattina, di buon mattino, ho preso l’auto e son partito. Destinazione Canazei dove mi aspettavano gli altri amici in Brompton. Quando sono arrivato pioveva forte. Il cielo grigio. Difficile in queste condizioni pensare di affrontare quattro passi alpini, ma soprattutto, dopo le salite, quattro discese alpine. Con il freddo e l’acqua che ti penetra dappertutto. Molti hanno pensato la stessa cosa perché di ciclisti in giro, passate le 8.30 non ce n’erano molti. Come avviene di solito. Uno o forse due. E poi noi, una ventina di pazzi in Brompton. Piove forte. Ma non è freddo. Alla fine, dopo una sosta in un bar di Canazei, la maggioranza dei Bromptoniani decide di partire. Destinazione Pordoi. Per fare almeno uno dei passi. E poi se casca il mondo tornare alla base. Foto di gruppo prima di partire e siamo già bagnati fradici prima di cominciare a pedalare. Io il giro voglio farlo lo stesso. Con me, tra i venti in Brompton, solo due ragazzi da subito decidono di seguirmi “nell’impresa” di fare i 4 passi con una bicicletta con le ruote piccole e affrontando il brutto tempo e le previsioni pessime. Senza paura. Ma con un sorriso. Poi ho scoperto perché questi due ragazzi non avevano paura. Ausilia Vistarini e Sebastiano Favaro qualche anno fa hanno percorso in bici, in bikepacking, i .1868 chilometri sulle piste innevate dell’Alaska dell’Iditarod. Tra i pochi italiani ad averla portata a termine. L’Iditarod, da Wikipedia, “è un percorso che unisce Anchorage a Nome. Date le condizioni meteorologiche con temperature polari (si scende fino a -40 gradi), il luogo è scelto per competizioni estreme, la prima e più conosciuta è la Iditarod Trail Sled Dog Race, celebre corsa con i cani da slitta, che si tiene in Alaska ogni anno, all’inizio di marzo, su un difficile percorso di circa 1,868 km, da Anchorage a Nome. La gara che ha ispirato il film Balto che molti di voi avranno visto. Ho capito dopo, dicevo, perché Ausilia e Sebastiano, erano “contenti” di farsi i 4 passi sotto la pioggia in “Graziella”. A noi poi, dopo il primo passo, si è aggiunto anche Lorenzo Pompei, giovane manager italo francese, poco allenato con la bici ma aperto alle sfide. Lo spirito giusto. Affrontare i quattro passi in Brompton per me è stato tutt’altro che facile. Avrei dovuto montare dei pedali a sgancio rapido per riuscire ad alzarmi più facilmente sui pedali, forse. E poi faticavo a spingere con il rapporto giusto, che per le mie gambe era o troppo leggero o troppo pesante. In tutte e quattro le salite pedalavo alla Froome – come frequenza di pedalata, non come velocità – ma avanzavo piano piano con il rapportino della Brompton, piano piano. Con il sudore e il fiato grosso, che nonostante la pioggia, mi ha tenuto compagnia. Sul Campolongo le nuvole hanno cominciato a diradarsi. La giornata si è aperta come accade spesso in montagna. Ed è spuntato un bellissimo sole. Con il sole abbiamo cominciato a incontrare dei ciclisti. Meno del solito. Ma più della partenza solitaria del gruppo dei Bromptoniani coraggiosi da Canazei. Pordoi, Campolongo, Gardena che non arrivava mai. Sul Sella siamo rimasti io e Lorenzo. Ausilia e Sebastiano ci precedevano e continuavano a danzare sui pedali. A un certo punto ci passa un ciclista con una specilalissima in carbonio. Noi continuiamo a soffrire pestando sui pedali di questa due ruote che pesa più di dieci chili e ha le ruote piccole piccole. “Siete due eroi”, ci grida il turista. “Siamo due pazzi”, gli fa eco il mio compagno di pedale stanco morto. Due, anzi quattro, pazzi eroi. Che sono gli unici del gruppo ad aver terminato il Sellarondabikeday edizione 2017, nonostante la pioggia, con le piccole Brompton. All’arrivo una maglietta e un bel poster – il premio – ci ricordano l’impresa. Sono contento di avercela fatta. E’ stata davvero una bella giornata da incorniciare nel libro dei ricordi.