Mancano poche ore alla partenza della @100kmPassatore. Mi sono allenato per quanto ho potuto, correndo di notte, da solo, lungo il Naviglio Grande. Al buio. Per ore e ore. Accompagnato solo dai miei pensieri. Controvento, a volte. Con la luce in testa che bucava il nero. Il rumore dell’acqua e della natura che continuava il suo corso. Accompagnato dalle lucciole, quelle vere, e dal canto degli uccelli notturni (non immaginavo che ci fosse così tanta vita naturale durante le ore notturne). Sfidando la fatica e la notte, appunto, che è quella che più mi spaventa davanti a una gara estrema come la ultra maratona. Ci ho provato una volta a fare il Passatore, anni fa. E ricordo che a Marradi, nel cuore della notte, al km 60, quando il più secondo molti era già fatto (il temibile passo della Colla), annientato dal sonno e dalla fatica come un pugile suonato, decisi di ritirarmi. Una sconfitta che ricordo ancora sulla pelle e che spero il prossimo fine settimana di lasciarmi alle spalle arrivando, dopo aver sconfitto tutti i miei fantasmi, nella piazza di Faenza magari all’alba. Vederla l’alba, dopo una notte di corsa, sarà la mia vittoria.
Assieme a me al Passatore ci saranno quest’anno più di 2.500 persone, 2.504 per la precisione (erano 2.200 lo scorso anno). Il “Passatore” continua ad essere l’ultramaratona di maggior tradizione e prestigio internazionale tra le oltre 800 che si disputano ogni anno in tutto il mondo. Il numero record degli iscritti lo conferma. Tra loro anche 277 donne, 105 atleti provenienti da 31 paesi (Austria, Belgio, Brasile, Bulgaria, Cina, Croazia, Francia, Finlandia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Israele, Marocco, Messico, Nicaragua, Papua Nuova Guinea, Peru, Romania, Russia, San Marino, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Ucraina, Venezuela, Vietnam), 12 atleti disabili e 14 praticanti del nordic walking. Assieme a Giorgio Calcaterra, campione italiano in carica, vincitore delle ultime nove edizioni della corsa, oltreché recordman della stessa (6:25:46) ci sarò anche io. A chiudere il gruppo. Con la voglia di arrivare in fondo diverse ore dopo i primi. Mi sono allenato poco. Sempre in bilico tra uscite e stop forzati per diversi problemi fisici. L’infiammazione a un tendine di achille mi ha tormentato per un po’ e poi dolorini vari che – i podisti lo sanno bene – quando si carica di lavoro e di allenamenti si fanno sentire come campanelli d’allarme. Tutte cose che ti ricordano quanto siamo fragili. Che siamo fatti di carne, di muscoli, di un fisico limitato quanto vi pare, ma anche di cuore e di testa. E di voglia di farcela. Di vincere la propria personale sfida. Con questo conto in sospeso con questa durissima gara.
La cosa forse più bella dello sport di endurance è che ti fa sperimentare ogni giorno sulla tua pelle la sensazione di fallimento. A conviverci con i tuoi limiti. Per mille ragioni. Perché non sempre si riesce ad andare come si vorrebbe. Perché ti fa male a ogni passo in quel punto. Perché ti chiedi che te lo fa fare a correre così a lungo e sfidare la gravità, gli anni e il tuo fisico. Senza paura. Cercando sempre le risorse fisiche e interiori per andare avanti. Dell’andare avanti. Chè forse è il senso di tutto. Una scuola di vita.